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Rivista di studi UngheresiNuova Serie, n. 19. (2020.)

Tartalom

  • Andrea Carteny ,
    Cinzia Franchi :
    Lectori salutem3-4it [206.85 kB - PDF]EPA-02025-00036-0010

I. Lingua e letteratura ungherese, letterature comparate

  • Maria Teresa Angelini :
    I romanzi di Mihály Babits a cavallo tra le due guerre mondiali9-20it [367.20 kB - PDF]EPA-02025-00036-0020

    Dopo il successo de Il califfo cicogna (A gόlyakalifa) del 1913 Mihály Babits intraprende la stesura del suo secondo romanzo Il castello di carte (Kártyavár, pubblicato nel 1923), che l’autore conclude però nel 1920, l’anno che vede il crollo della Repubblica dei Consigli e la firma del Trattato del Trianon con cui l’Ungheria ha perso due terzi del suo territorio. Il castello di carte, una crudele distopia, lascia già intravedere la dissoluzione della società esistente e la decomposizione dei valori umani preesistenti. L’amarezza per la sorte terribile in cui viene a vivere l’Ungheria dopo la pace ingiusta si manifesta in due romanzi successivi: Il figlio di Virgil Timár (Timár Virgil fia, 1922) e I Perduti o I figli della morte (Halálfiai, 1927). Il successivo e ultimo romanzo di Babits, La pilota Elza (Elza pilóta vagy A tökéletes társadalom, 1933), ci proporrà una nuova distopia dai toni disperati senza alcuna prospettiva di riscatto. Parole chiave: distopia, libertà, ripiegamento

  • Paolo Driussi :
    Analisi di tracce ematiche21-34it [384.06 kB - PDF]EPA-02025-00036-0030

    A cento anni dalla firma del Trattato del Trianon è stato ripubblicato in Ungheria il volume Vérző Magyarország con due cospicui volumi di aggiunte (Emlékező Magyarország). La voce di chi ripensa con nostalgia alla Grande Ungheria è sempre molto forte e si fa notare, anche perché viene volentieri ripresa da politici di tutte le parti. La realtà è tuttavia molto più complessa di quanto proposto da queste voci e una osservazione attenta ci permette di esaltare la capacità degli ungheresi di superare difficoltà e situazioni particolari. Per questo anche la loro arte e la loro cultura può essere apprezzata altrove, pur con le sue specificità. Questo testo cerca di presentare fatti che giustificano una tale osservazione. Parole chiave: Ungheria, XX secolo, letteratura, cultura, Vérző Magyarország

  • Elena Lavinia Dumitru :
    1920-2020, un secolo di poesia ungherese in Transilvania35-48it [393.87 kB - PDF]EPA-02025-00036-0040

    Summarizing one hundred years of Hungarian poetry in Romania may prove to be a real impossible mission, but for the Italian reader having an overall picture of what happened in Transylvania on a literary level after the signing of the Treaty of Trianon on June 4, 1920 represents a necessary premise to understand the dramatic consequences in the consciousness and psychology of the Hungarians. The transition from majority to minority status has been extremely difficult to manage and organize. Following radical changes, mutual knowledge became a vital issue. Intellectuals were the first to be involved in the preparation of the new cultural and literary terrain to guarantee not only the continuity of the identity of an entire community, but also the cultural rapprochement as a necessary basis for a shared social, political and cultural life. Keywords: Trianon, Hungarian literature, Transylvania, Romania

  • Alexandra Foresto :
    Ildikó Lovas, scrittrice d’oltre confine o scrittrice europea?49-62it [450.44 kB - PDF]EPA-02025-00036-0050

    Ildikó Lovas è una scrittrice ungherese di Szabadka (Subotica, Serbia), che con la propria variegata produzione letteraria si guadagna piena appartenenza non solo alla letteratura (di lingua) ungherese, ma anche a quella europea. Pressoché sconosciuta in Italia, ma con estimatori del calibro di Mihály Ilia o Lajos Grendel, ha pubblicato soprattutto novelle e romanzi che indagano l’animo umano, rielaborano o reinterpretano storie conosciute offrendo nuovi punti di vista, ripropone vivide istantanee della vita della sua città, con uno stile incisivo e un lessico consapevolmente ricco anche di contaminazioni, come può essere la lingua di chi vive a cavallo tra diversi idiomi e culture. Tra i temi ricorrenti della sua prosa la sensibilità femminile, che però l’autrice rifiuta di definire letteratura femminile, intendendo con questa definizione una produzione dalle caratteristiche soprattutto commerciali. Parole chiave: letteratura contemporanea, határon túli, Vajdaság, Vojvodina

  • Cinzia Franchi :
    Károly Kos e la nascita della letteratura ungherese transilvana63-77it [964.26 kB - PDF]EPA-02025-00036-0060

    Károly Kós (Temesvár 1883 – Kolozsvár 1977) è considerato il “padre” del transilvanismo, che presenta programmaticamente nel pamphlet Kialtó Szó (Voce che grida, 1921). Architetto, grafico, scrittore, attivista politico e culturale, fondatore della casa editrice Erdélyi Szépmívés Céh, cultore dei paesaggi, della storia e del folclore dei popoli della Transilvania, Kós fu tra i protagonisti della nascita di una letteratura e cultura ungherese transilvana dopo la Dichiarazione di Gyulafehérvár (1918) e il Trattato del Trianon (1920). Parole chiave: Károly Kós, transilvanismo, letteratura ungherese transilvana, minoranze, nazionalismo

  • Éva Jeney :
    Letteratura mondiale ungherese o letteratura del mondo ungherese?79-85it [318.95 kB - PDF]EPA-02025-00036-0070

    Per illustrare la tensione esistente tra la letteratura ungherese e le letterature ungheresi, nel contesto dell’evidente interazione tra diverse letterature in contatto reciproco, in questo breve contributo si riflette sulla determinazione storica della differenza tra letteratura nazionale e letteratura mondiale, affrontando il problema chiave della traduzione letteraria, ovvero il luogo occupato dalle opere tradotte nella letteratura della lingua di arrivo. La questione è dunque parte di un problema generale, anche per le varie prese di posizione teoriche e metodologiche (ideologiche, linguistiche e letterarie), con le quali deve confrontarsi qualsiasi letteratura. A rendere più complesso e insieme più interessante il quadro relativo alla letteratura ungherese, la situazione di isolamento della lingua ungherese, ma anche il necessario multilinguismo che ha prodotto la fortunata serie di generazioni di scrittori-traduttori, che di volta in volta hanno saputo introdurre elementi innovativi nella cultura ungherese, spesso proprio servendosi della loro opera di traduttori. Parole chiave: letteratura nazionale, letteratura minore, letteratura mondiale, traduzione letteraria

  • Andrea Kollár :

    La politica linguistica, nell’accezione moderna del termine, nasce in Ungheria nell’Ottocento, quando gli intellettuali ungheresi iniziano ad elaborare una nuova strategia legislativa per ottenere il riconoscimento giuridico della lingua ungherese. Una pianificazione linguistica consapevole in genere mira a due scopi principali: da una parte, le rivendicazioni delle diverse comunità linguistiche vertono sull’uso della lingua madre negli uffici pubblici, quindi nella burocrazia; dall’altra, invece, si sottolinea l’importanza dell’educazione nella madrelingua, cioè il diritto dell’alunno allo studio nella sua lingua materna. Per quanto riguarda quest’ultimo ambito, la politica linguistica viene esplicitata attraverso leggi e decreti che regolano l’uso delle lingue nelle strutture scolastiche. Questo processo è, nella maggior parte dei casi, molto lento; l’affermazione dell’ungherese nel sistema scolastico, infatti, è il risultato di una lotta plurisecolare. Per capire meglio i motivi dei conflitti interetnici tra gli ungheresi e gli altri popoli con i quali essi convivevano prima della dissoluzione della Monarchia austro-ungarica, vale la pena di riassumere brevemente il travagliato percorso del riconoscimento ufficiale della lingua ungherese. Analizzando questo processo, si comprendono meglio sia l’atteggiamento degli intellettuali magiari nei confronti delle altre comunità linguistiche, sia la reazione dei popoli che volevano ottenere gli stessi diritti che gli ungheresi erano già riusciti ad acquisire alcuni decenni prima. Il contributo ha quindi l’obiettivo di analizzare le leggi sulla lingua dell’insegnamento in Ungheria le quali contribuiscono all’allontanamento dei gruppi etnici nel territorio del Bacino Carpatico. Parole chiave: politica linguistica, educazione linguistica, minoranze

  • Simona Nicolosi :

    Il presente saggio ha come scopo principale quello di scandagliare le ragioni emotive che portarono un intero popolo a rifiutare, all’atto stesso della firma, le condizioni di pace del 1920. Partendo dal discorso del diplomatico conte Apponyi a Parigi, l’autrice intende ritrovare quelle stesse ragioni illustrando alcuni versi dei poeti Attila József e Gyula Juhász dedicati al Trianon: in particolare, la poesia Nem, nem, soha! di József, di cui non esiste a tutt’oggi traduzione italiana, e il ciclo di sonetti A Magyar Straszburgok – nonché la poesia Trianon – di Juhász, anch’esse non ancora tradotte in italiano. Mentre il primo scrittore dà libero sfogo alla sua rabbia gridando all’ingiustizia e alla riscossa e i suoi versi ricordano gli incitamenti del Petőfi risorgimentale, il secondo assume un atteggiamento più intimista sussurrando il proprio dolore in una dimensione spirituale ed eterea già intravista in Babits. Due reazioni differenti al dramma nazionale, ma un’unica risposta: quel Nem, soha [No, mai] che riecheggia irremovibile nei loro versi. Parole chiave: Trianon, Attila József, Gyula Juhász

  • Eleonora Papp :

    Il periodo che si colloca tra la fine della Repubblica dei Consigli e la firma del Trattato del Trianon segna un momento di pesante cambiamento nell’arte di molti scrittori ungheresi, tra cui Gyula Krúdy che passa da uno stile compositivo sognante a contenuti di carattere storico legati a eventi determinanti della storia magiara. Krúdy è uscito dai suoi contorni indefiniti e romantici, non si occupa più di cavalieri di nebbia e di questioni periferiche, ma tratta i capitoli più impegnativi e più pesanti della storia nazionale. All’interno di questo mutamento radicale si inserisce Tizenhat város tizenhat leánya (Sedici fanciulle di sedici città) pubblicato nel 1925. Questo romanzo breve o novella da una parte fa propri i toni realistici a cui tende l’autore e dall’altra costruisce nuovi rapporti caratterizzati dallo scontro fra il mondo che conserva qualche punta di irrazionalità sognante e la concretezza di un mondo nuovo a cui si affaccia una borghesia operosa e con i piedi ben saldi per terra. Parole chiave: il doppio, il sogno, il rifugio

  • Edit Rózsavölgyi :

    Il forte aumento del numero di periodici e di vari prodotti di stampa in generale all’inizio del XX secolo in Ungheria fu il risultato di quel complesso processo di modernizzazione economica e sociale che si verificò dopo il Compromesso (Kiegyezés, Ausgleich 1867) e la conseguente nascita della Monarchia austro-ungarica. La frenesia di informazioni fresche in politica ed economia e di notizie sensazionali diedero vita a centinaia di giornali e riviste. La letteratura accompagnava i cambiamenti sociali e politici e, sotto diversi aspetti, li prevedeva. Nel 1908 nacque a Budapest, non certo senza precedenti, una delle riviste letterarie più longeve, «Nyugat» (Occidente, 1908-1941) che fu particolarmente fertile nel primo decennio. Diede spazio alle aspirazioni della maggior parte degli scrittori e a una ricerca letteraria originale. Oltre al ben noto profilo letterario modernista, la rivista aveva anche una “vena politica” che finora ha avuto poca attenzione da parte degli studiosi. Il presente contributo intende focalizzarsi sui discorsi politici di «Nyugat» e sul rapporto che si delinea tra letteratura e politica sulle pagine di questo periodico. Nell’epoca da noi presa in considerazione ebbe luogo la Prima guerra mondiale che portò alla dissoluzione dell’Impero austro-ungarico e al drastico ridimensionamento territoriale dell’Ungheria i cui effetti si percepiscono chiaramente ancora oggi. Osserveremo come, dopo un primo momento di entusiasmo, nell’ambiente della «Nyugat» si leva alta la condanna della ferocia della guerra. Parole chiave: «Nyugat», letteratura e politica, 1908-1918

  • Antonio Donato Sciacovelli :

    A cento anni dalla stipula dei trattati di Versailles-Trianon e del conseguente vero e proprio “smembramento” dell’Ungheria, l’analisi storiografica, politica, socioeconomica e culturale del Trianon continua, sulle colonne dei quotidiani, nelle aule universitarie, nei simposi accademici. Non possiamo però ignorare uno degli aspetti più interessanti della rappresentazione del trauma storico, ovvero le numerose voci della letteratura ungherese che hanno parlato, nel corso di quest’ultimo secolo, dalle pagine delle riviste letterarie, delle antologie, delle sillogi liriche, dei volumi di narrativa. Già nel 1921 appare l’antologia curata da Dezső Kosztolányi Vérző Magyarország. Magyar írók Magyarország területéért, seguita da numerose opere, ma dopo la Seconda guerra mondiale, la questione del Trianon non venne risollevata dalla cultura ungherese ufficiale, quindi si dovette attendere il cambiamento di regime del 1989-90 per ricominciare a parlarne esplicitamente, sia con la ristampa di opere del periodo prebellico, che con la pubblicazione di antologie (come per esempio quella del 2002 curata da József Kőrössi e intitolata A röpülő falu. Magyar írók Trianon-novellái). In questo saggio si propone una lettura di alcuni romanzi apparsi nell’ultimo decennio (dal 2010 al 2018), che in vario modo inseriscono una rappresentazione del Trianon nel loro tessuto narrativo, analizzando i diversi “discorsi sul Trianon” che essi sottopongono ai lettori contemporanei. Parole chiave: Trianon, narrativa ungherese del XXI secolo, trauma, Transilvania

  • Elisa Zanchetta :

    Intellettuale poliedrico, innamorato della sua Kisbacon e delle fiabe ungheresi che popolarono la sua infanzia, Elek Benedek incarnò la tradizione e l’innovazione, pur operando in un difficile contesto storico. I suoi programmi, di valore non solo letterario, ma anche pedagogico, rivoluzionarono il modo di concepire e fare letteratura per ragazzi, che venne sollevata a letteratura a tutti gli effetti. Il suo impegno a favore di una letteratura “amica” di grandi e piccini si concretizzò con la raccolta e la scrittura di fiabe popolari e raggiunse il culmine con i giornalini. L’articolo si prefigge di presentare l’intensa attività letteraria di Benedek, distinguendo la fase prima e dopo il Trattato del Trianon. Nel primo periodo si occupò della raccolta di fiabe popolari, collaborò con due riviste per la gioventù ungherese, «Az Én Újságom» e «Jó Pajtás», e si dedicò per qualche anno all’attività politica, nel corso della quale denunciò le misere condizioni della letteratura giovanile. Dopo il ritorno nella sua natia Transilvania, Benedek si dedicò con “entusiasmo fanciullesco” alla redazione del giornalino «Cimbora ». Attraverso rubriche specifiche, “nonno Elek” instaurò un rapporto intimo con i suoi “nipoti”, rendendoli non solo lettori, ma anche scrittori. «Cimbora» fu per Benedek un ideale di vita, il mezzo attraverso cui andare incontro alle persone per comprendere la loro interiorità, al fine di offrire ai giovani di Ungheria e Transilvania il corretto “nutrimento per l’anima”. Parole chiave: Elek Benedek, Transilvania, letteratura giovanile, Cimbora

II. Storia, cultura, società

  • Andrea Carteny :

    Il contributo presenta il contesto e il caso delle missioni e dei report realizzati da network stranieri solidali con le minoranze nazionali, in primis quelle costituite dalle Chiese protestanti in relazione alla situazione in Transilvania. La loro eco ed azione si proietta sulla Società delle Nazioni, l’organismo internazionale competente e garante dell’applicazione dei trattati per la protezione delle minoranze, i cui archivi (United Nations Office of Geneva, UNOG) preservano documenti e pubblicazioni interessanti in merito. Come caso specifico si illustra qui in particolare il viaggio realizzato in Transilvania da esponenti unitariani e protestanti agli inizi degli anni Venti e il report redatto dal reverendo Louis Cornish. Parole chiave: Transilvania, Trianon, unitariani, protestanti, Società delle nazioni

  • Árpád Hornyák :

    The Treaty of Trianon ended Yugoslav territorial claims on Hungary, since it ratified the provisions of the Peace Conference, which were signed by Yugoslavia. Hungary however, could not extend her suzerainty over all the territories left to her for more than a year. The Kingdom of Serbs, Croats and Slovenes was reluctant to return its troops behind the treaty borders despite ratifying the treaty. Thus even after 4th June 1920, Serbian troops continued to remain on the demarcation line drawed by the Belgrade Military Convention on 13th November 1918 securing the exploitation of the resources of the territories for Yugoslavia. The treaty increased the willingness of the Yugoslav authorities to cooperate with the Hungarian left who was inclined to accept the prolongation of the Serbian occupation and thus by the summer of 1920, an administration came to power in Pécs, which not only did not refuse the prolongation of the occupation but also rather inclined towards it. The prolongation of the withdrawal of the Serbian troops lasted until august 1921 when the acceleration of the events forced Belgrade to make this step – mostly due to the he firm actions of the great powers but internal circumstances demanded the swift settlement of the situation, as well. Keywords: Baranya, Serbian occupation, Hungary, Svetislav Rajić

  • Roberto Ruspanti :
    La tragedia annunciata del Trattato del Trianon209-227it [467.49 kB - PDF]EPA-02025-00036-0160

    La tragedia annunciata del Trattato del Trianon che nel 1920 disintegrò in modo iniquo l’Ungheria è il risultato congiunto di due diktat inappellabili: l’ultimatum dell’Austria-Ungheria alla Serbia (1914) e lo stesso Trattato del Trianon che per l’Ungheria aprirono e chiusero di fatto la Prima guerra mondiale. Purtroppo per l’Ungheria l’identificazione della nazione (etnia) magiara con lo Stato magiaro (Regno d’Ungheria), codificata idealmente e giuridicamente alla metà del XIX secolo da József Eötvös, unitamente all’incapacità della classe dirigente magiara, indisponibile a riforme strutturali e irremovibile nel procedere ad una snazionalizzazione delle minoranze non magiare se non forzata, quanto meno indotta (verso la classe media) e priva di contropartite (autonomia), sarà alla base dell’equivoco che, sulla spinta dei crescenti nazionalismi delle varie etnie che componevano lo stato danubiano, si scioglierà soltanto con la Prima guerra mondiale. Sull’onda di un vento comune a tutta l’Europa dell’epoca, il nazionalismo magiaro si andò trasformando in un rischio mortale per l’unità e la sopravvivenza di un regno multietnico come quello dell’Ungheria. Nel censimento del 1910 della popolazione del Regno d’Ungheria, corrispondente dal punto di vista geografico all’intero Bacino danubianocarpatico, i magiari rappresentavano solo il 48% della popolazione totale e soprattutto nelle regioni periferiche erano sparsi a macchia di leopardo, mescolati ad altre etnie o minoranze: questa promiscuità giocherà un ruolo sfavorevole agli ungheresi nella determinazione dei nuovi confini imposti all’Ungheria, che perse oltre 230.000 km² e ben tre milioni e mezzo di magiari che con città in stragrande maggioranza abitate da magiari passarono ad altri Stati. Parole chiave: Trianon, iniquità, nazionalismo, snazionalizzazione, promiscuità

  • Alessandro Vagnini :
    Oltre il Trianon. L’Ungheria e il Trattato di Rapallo229-246it [438.43 kB - PDF]EPA-02025-00036-0170

    Per secoli ambita a causa della sua posizione geografica e della presenza in città di un importante cantiere navale, alla fine della Grande Guerra Fiume si ritrovò al centro di un’aspra contesa tra Roma e Belgrado. Al tempo stesso la città era stata parte del Regno d’Ungheria e il suo destino era seguito con attenzione anche a Budapest. In realtà, a differenza di altri territori la città assumeva però un valore politico che andava al di là delle tendenze revisioniste. Nel caso di Fiume infatti la vera questione non era un suo ritorno all’Ungheria – anche vista la limitatissima presenza magiara in città – ma la possibilità che la contesa tra italiani e jugoslavi per il suo possesso potesse risultare utile all’Ungheria per garantirsi il sostegno dell’Italia, unica grande potenza che avrebbe potuto favorire gli interessi ungheresi. Il Trattato di Rapallo, chiudendo la disputa sul confine orientale italiano e su Fiume rappresentò un momentaneo riavvicinamento tra Italia e Regno dei Serbi, Croati e Sloveni; un’inattesa e pericolosa svolta che gli ungheresi non potevano accogliere con tranquillità e che rischiò di mettere in crisi i rapporti con Roma. Il Trattato di Rapallo e le sue conseguenze andava oltre i trattati di Saint-Germain e del Trianon, ne rappresentava il naturale completamento e al tempo stesso avrebbe potuto essere l’inizio di una nuova fase politica che Budapest non poteva permettersi di ignorare. For centuries disputed because of its location and the presence of an important shipyard, at the end of the Great War Fiume was the centre of a bitter dispute between Rome and Belgrade. At the same time the city had been part of the Kingdom of Hungary and its fate was also followed carefully in Budapest. As a matter of fact, unlike other territories, however, the city assumed a political value that went beyond revisionist tendencies. In the case of Fiume, the real question was not his return to Hungary –also given the very limited Magyar presence in the city– but the possibility that the dispute between Italians and Yugoslavs for his possession could secure Italian support to Hungary. Rome was in fact the only great power that could have favoured Hungarian interests. The Treaty of Rapallo, closing the dispute on the Italian eastern border and Fiume, represented a shortlived rapprochement between Italy and the Kingdom of Serbs, Croats and Slovenes; an unexpected and dangerous turn that the Hungarians could noteasily accept and that risked jeopardizing relations with Rome. The Treaty of Rapallo and its consequences went beyond the treaties of Saint-Germain and Trianon. It represented their natural completion and at the same time could have been the beginning of a new political phase that Budapest could not afford to ignore. Keywords: Fiume, Adriatico, Italia, Jugoslavia

  • Krisztina Zékány :

    Today, Transcarpathia is a western region of Ukraine, neighbouring Hungary, Slovakia, Romania and Poland, where a historically diverse ethnic community has developed. This is mostly due to the fact that for about a thousand years it was influenced by the history, traditions and culture of Hungary, then after the Treaty of Trianon, of Czechoslovakia, then again of Hungary, and from 1945 to 1991 as part of the Soviet Union. This political “variability” often tore families apart, resulting in thousands of individual tragedies in every period, leaving deep traces in the cultural, educational and religious life of the region. The situation nowadays isn’t better. The use of the mother tongue is practically allowed within the family and in the church. In other spheres of life it is possible to succeed only with the knowledge of the state language. As we can see, the Transcarpathian Hungarians might not have ever been in such a difficult situation as they are now. The struggle for surviving as a national minority goes on in Transcarpathia. Keywords: Transcarpathia, regime changes, individual tragedies, the mother tongue.

III. Discussioni

  • Balázs Fűzfa :

    Nel corso della sua storia, lunga circa un secolo e mezzo (a partire dal 1846), la letteratura ungherese come materia d’insegnamento scolastico in Ungheria, è stata interessata da vari cambiamenti di canone, eppure fino all’ultimo è rimasto centrale e dominante l’impianto storicistico, poiché fino ai giorni nostri non è avvenuta la svolta paradigmatica che si attendeva nel sistema scolastico ungherese. Si tratta di un aspetto caratteristico sia dell’insegnamento nella scuola media secondaria, che in quello universitario, quindi tipico anche nella formazione degli insegnanti di lettere (ungheresi). Il fenomeno è particolarmente interessante anche perché la materia “sorella” dell’insegnamento delle materie letterarie, ovvero la lingua (grammatica) ungherese, ha subito più di un notevole cambiamento di paradigma, nel corso degli ultimi centocinquant’anni. La contraddizione è ancora più evidente se consideriamo che, soprattutto negli ultimi trent’anni, ovvero a partire dal cambiamento di regime del 1989, si sono rafforzate tendenze innovative e alternative che si oppongono all’approccio storicistico tradizionale. La riforma del piano di studio del 1978, con i nuovi libri di testo che ad essa si accompagnarono, aprì – un decennio abbondante prima del 1989! – la strada che conduceva verso un altro approccio, basato sulla centralità del testo letterario, così che nel quarantennio successivo sono state pubblicate in Ungheria almeno una decina di collane programmatiche di libri di testo, che a loro volta rappresentavano ben definite concezioni e prospettive della letteratura, alternative a quella storicistica. Questa varietà si è conservata, in campo editoriale, all’incirca fino al 2015, quando le edizioni scolastiche sono state nuovamente subordinate ad un sistema centralizzato: a questo si sono aggiunti i documenti contenenti le indicazioni e le linee guida per l’insegnamento e l’apprendimento delle materie letterarie, elaborati secondo uno schema molto conservativo, sia dal punto di vista della concezione della letteratura, che dell’approccio pedagogico.Il saggio si propone di esaminare le caratteristiche essenziali della questione, sia dal punto di vista di quanto avvenuto negli ultimi quarant’anni, che delle prospettive future dell’insegnamento delle materie letterarie nelle scuole medie secondarie ungheresi. Parole chiave: canone letterario, insegnamento delle materie letterarie, politica scolastica

V. Attività

  • Éva Kóczián :
    Dopo la laurea295-297it [159.96 kB - PDF]EPA-02025-00036-0240

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